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FLECTERE SI NEQUEO SUPEROS, ACHERONTA MOVEBO PODCAST

TACCUINO #4


Ha senso parlare di Dèi se questi sono morti e il vanitas vanitatum è mancanza di umanità nel mondo ove tutto fa cassa?


Leggere la psiche non è tradurre. Sentire attraverso intellezione non è interpretare. Perché traduciamo e interpretiamo la vita? Non debbo chiedermi, ovviamente, come. Questo lo si capisce. Oppure lo si può. O, ancora, lo si potrebbe. In assenza del capire, lo si può - quantomeno - osservare. La lettura attenta sembra prescindere da confusione, disarmonia e disordine. Ma l'animale in continua decadenza che apprezza ciò che è omogeneo razionale e ordinato, partecipa di attributi quali rischio, disordine, chaos. Una bilancia debole che soffre pesanti lati. E nel tentativo di equilibrio forze fantasiose insegnano a diffidare dell'ingannevole realtà concreta. Nella contemporaneità liquida, periodo povero culturalmente di innocenza e umanità, l'egolatra che non può prestar fede a patti è anche colui che crede nel o al buon Apollo senza capirne il senso, popolando incessantemente il futuro, trasferendo il passato domesticato, in abbandono del Dio Sole e Ermete, sfogando pulsioni per obbedienza a Marte. Ma è Sileno a ricordare l'inattingibilità di un sapere positivamente definito sull’esistenza. Nell'acconcia società opulenta ove il problema amore universale non muove verso una civiltà pacifica, manichini svestiti si pregiano di buaggine, direttamente proporzionale all'ebbra parossistica malvagità. Ancora traduzione. Ancora interpretazione concettuale di quel che si pensa essere ma non è. In tema amore, non si costituisce concretezza di significato nell'osservanza del viver per senso, ovvero per direzione, giacché si intende tutto e oltre, si riduce o si esalta, ma non si coglie il sottoconcetto di materialità in Amor e Kama, confondendo radici o - per insipienza - pensando a pensiero arbitrario altro. Facile e chiaro capire che il gaglioffo non può far molto per amplificare i pensieri sulla retta via. Urge una metànoia per assumere cura, per raggiungere una risoluzione ai traumi di una civitas che contiene indigeni speciati funzionali che non portano più la sveglia al collo ma il cellulare nella tasca, credendo di usare venendo usati. Meretrici che amano meretrici. Ribaldi che trofeggiano peripatetiche, oggi digitali. Come possiamo conoscere, schiavi di una istruzione forte di pregiudizi che in cima a castelli istituzionalizzati difende forze minori che con potere si manifestano superiori per dominio? Come guariamo se non sentiamo di esserci e non capiamo dove siamo, disadattati di una catena trofica che muove all'interno di un habitat periglioso. La verità è relativa. Da qui, rivelata, evitarla. Pare sia sempre tutto palesato, ma per gli ognuno mondi odierni, nel mondo che ha prodotto oggi la nuova contemporanea natura dell'uomo in naturalità dell'artificio e della tecnica, seppellendo nelle sabbie del tempo origine e originalità, limitata è l'osservazione di ciò che appare velato. Si vede ciò che si manifesta. Che si veda ciò che è! In questo futuro dell'uomo macchina, che a servizio si domanda della libertà. Il tentativo di partecipare del computo mentale della macchina è simulazione d’essenza che non è artificio, giacché la psiche vive di processi appartenenti dell’indicibile favorendo a posteriori utilità meccaniche, algebriche, alla bisogna. La tecnica, montata dalla natura, non padroneggia l’algebrico ma sfrutta la circostanza per il fine pre imposto, in assenza di risonanza. Nel caso acceso e dibattuto in materia intelligenza artificiale, nella mia considerazione di intelligenza quale atto, non migliore tra molti, ma l'atto scevro di una scelta, solo e possibile, necessario, capisco così corretta l’attribuzione alla macchina, che manca di intellezione e intuito, delle quali facoltà non partecipa, e dirige il risultato al corretto fine, minato dalla manipolazione umana, la quale partecipa di una complessità altra non conferibile. Il logico matematico potrà riferirsi a Turing, a Gödel, a Penrose, e spingersi a evocare Hobbes per un più alto sfoggio dimostrativo di conoscenza spazio temporale vissuta tra neuroni nel loro partecipar di un duraturo intermittente 0 1. Ma sul conoscitivo divenir, dubito se inteso come crescita e sviluppo formativi dell'ente attraverso spazio e tempo. Penso più a una mancanza vissuta per lungo periodo, che nasconde l'indicibile intimo essere, che si definisce personalità, materia, essere, sostanza, attributo proprio, intima origine. L'uomo diviene sviluppo di una ricerca che può cogliere se stesso, attraverso dissonanze che globalmente gli appartengono quali particelle cosiddette accidenti. Sospeso in un vacuo universo psichico che dirige al nulla e che farciamo subissando istanti inconsapevolmente e non, riusciamo ancora a parlar - temporalmente e spazialmente - di limitata esistenza del conoscere, capire, comprendere, scollegati da un universale, un katholikós, un platonico tradotto e interpretato per condurre greggi a ostacolare natura sulla via di storture mentali? Non è forse povero un condizionamento che dimostra una via e chiede di seguirne una, bloccando il libero fluir? Il primo passo verso la libertà è la consapevolezza di sentirsi e dirsi stanchi di sapersi sofferenti.

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TACCUINO #3


Homo Homini Lupus.


L'agire umano è un conundrum meno complesso di quanto lo è il trauma.


L'uomo spesso si organizza violentemente per causar danno, schiavo delle proprie pulsioni, di scelleratezza e non curanza. Taluni adottano menefreghismo d'essere. Non vi sono cose tanto peggiori della ricerca di godimento e cosiddetta felicità a discapito dell'altro, sopravvivendo la via di un sadismo che gaude divertendosi fiaccamente alle spalle del mortale. Non v'è cosa peggiore del desiderio, a pensarci bene. La terribile mancanza di sidus. Crisi identitarie. Non conoscendo se stessi, non entrando in relazione, in scoperta, non partecipando di un dialogo, di curiosa sanità, i più mancano di coscienza intellettuale. Schiavi di una psychologia, in assenza di consapevolezza, credono, si convincono, muovono verso il nulla.


I più non trovano disprezzabile credere questo o quello e vivere conformemente a questa credenza, senza essersi prima resi consapevoli delle ultime e più fondate ragioni a favore e contro, Friedrich Nietzsche.

La maturata meraviglia kantiana che sbatte sull'essere un mare in tempesta che dietro il sublime paventa nell'esplicitar lo sgomento che turba la mente dell'uomo sulla cecità umana all'interno di un paradigma disumano muove scia di un divenir che osserva vuoto di ragionevolezza ove l'ente partecipa di dissennato atto gordo di condizionamento sociale aggrovigliato alle scaturigini del tempo. La virulenza del non valente è totale pressione nella vittima di abusi che vive la Golden Hour, il momento irripetibile che si vive nell'immediato immobilizzante futuro traumatico, o ancora in giorni, anni a venire. Esseri funzionalmente specianti, invasivi arroganti creatori declinanti di un futuro che insegue galleggianti percorsi di nuovi sensi perdenti, incarnano soppressione e sopruso. Curare la psiche di coloro i quali espongono pericoli è prioritario. Se non si arriva a curare, o non si può, precipuo è l'ascolto. Rilevare urgenza è attiva facoltà empatica che muove verso la corretta, sana e positiva direzione chi ne partecipa. Una nuova domanda sullo studio delle storture mentali sorge in me sull'analisi dell'aggressività psichica, portandomi in parallelo tra la personalità cosiddetta narcisista maligna perversa e il fanatismo delirante proprio dei visionari e dei mistici, sul sottile limite tra superstizione e ignoto, credenza e fiducia, condizionamento e psicosi. Scwärmerei nemico della misura. Una fondata corretta relazione sensibile dell'indicibile intimo essere con il mondo esterno potrebbe, dovrebbe, compiere il processo inverso alla derealizzazione operata dalla follia. E se la follia che ci abita scaturisse il pensiero della paura di tutte le paure, dell'angoscia più temibile, del timore del pensiero della morte? La vittima del sopruso diviene il Faust, che ben conosce il dramma e visitato dal cosiddetto Ade, l'Oscuro, persegue il cammino sulle vertigini, ove i segreti son disvelati. Tentato prima, consapevole durante e poi, muove disgustato e nauseato dall'evidenza del dominio della materia e della ricerca del più effimero godimento propri dell'ingannatore che non conosce bellezza. Non si neghi la notte. Abbiate il coraggio di fare la verità, di osservare ciò che appare. Il Mito è ciò che è molto più reale di quel che vien scambiato per concretezza. Così, nell'invisibilità psichica, il cosiddetto nefasto narcisista maligno perverso è la quintessenza del male, Erich Fromm 1964, un mondo sordo, cieco, virulento, orrifico, totale. La paura di esser se stessi e di mostrare al mondo la propria natura nascondendo storture della mente, facoltà disqualitanti di radice corporea che la stessa mente sviluppa gradualmente elicitando perversione nella vita sociale e artificiosa, in una scala di valori che va dalla stupidità fino alla pazzia, in seno alla finta pericolante fragile distruttiva e ingannevole raffinatezza opulenta della società liquida ove coraggio, virtù, etica creano imbarazzo.

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TACCUINO #2


La morte è un fattore umano di pregna importanza. Va presa seriamente. Una serietà greca che nella nostra contemporaneità liquida non vive più di educazione utile ad agire secondo misura e comprensione. L'appiattimento umano è il segnale dell'estinzione del pensiero critico, del mutamento del piacere della brevitate vitae apprezzata secondo discernimento in superficiale godimento provato all'evitamento delle verità. Il disagio si osserva nel quotidiano attraverso i mass media, preferendo il fuggire da responsabilità, vivendo di una aggressività psichica che partecipa della follia che ci abita. Senza indagar la stessa siamo inorriditi dalle manifestazioni più barbare, spaventati dall'osservazione in un continuum scioccante di quel che l’essere umano fa, ma senza mai porsi l’obiettivo di guardar oltre, giacché stupiti e quindi stupidi è bene, salto dal comodo gan eden che detiene la mandria è male. Il differir violenza e aggressività è di fondamentale importanza. Mentre la prima danneggia, partecipa di forza, la seconda è impulso spontaneo di vitalità, partecipa di grinta, è sanità, è creatività, appassionata, che consente di fare senza scadere in atto fallente, di fronteggiare le situazioni, di sentirsi vivi e partecipi. Vi è una collera etica, giustificata dagli eventi e necessaria di fronte alle ingiustizie, in pieno controllo dei propri impulsi. Troppo spesso vien fatta molta confusione. Troppo spesso non si discerne per ignoranza o insipienza. Si traduce, si interpreta. Qual danno. Non si presta attenzione, non si vive seriamente. Ci si può spingere oltre i limiti in totale disarmonia. E lo si fa. Perdendo quella forma intradattiva, contributo di stabilità fisica e psichica della persona sana. Mancando la spinta dirigente funzionale all'affermazione di sé e alla tutela della propria identità, si rovina sul basso limite della mediocrità, ben voluta dal sistema che vede organismi e non soggetti globali. Se si assumesse l'attenzione che si può porre nello studiare una fiera al pari di serietà - innata o maturata - e rispetto per la vita, si coglierebbero senso e significato più prossimi a una realtà umana scevra di speranza e degna di concretezza. Nella constatazione che la soggettività è venduta indissociabile dai dispositivi di sapere e potere che si estendono dalle istituzioni al rapporto dell'indicibile intimo essere con se stessi, questo ànthropos - la forza tellurica che sembra pensi molto fuorché all'evidenza d'esser l'inadatta vernice che cola su un quadro planetario che già gli sopravviveva e comunque gli sopravvive - è strutturato secondo processi performativi sociali, tecnici, politici, culturali, religiosi, economici. Codesto sinolo, al più frammento di una scheggia di meteoroide, che sulla creazione del mondo sarebbe stato un alito di vento e un giorno sarà un soffio in cima alla torre più alta del mondo. Ma non lo so di certo. Dove l'uomo è davvero uomo?

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