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Quanto sia miele poter tutto dimenticare

TACCUINO #16


Le illusioni sono quindi pale. Ecco le fosse. Ora son più chiare in questa nebbia.

Si lasci che tutto si compia a servizio. Più pale servono, più ne vengon servite, più ne serviranno, più ne verranno servite, più ve ne servite, più ve ne servirete.


Seppellitevi da voi soli.


Par di essere spettatore nel luogo del senno del poi.


«Ah! Ora sì! Che goduria». Pensa l'uomo liquido.

Par sentire urlare tutti gli atomi pulsanti del fiero egolatra.


Ego novi. Io conobbi, io ho conosciuto. Io feci esperienza del conoscere tramite (e dalla) esperienza. Si ricava, io so, sapere? Ma solo per diretto esperire.

Se, quindi, dico: « ... loro parlano di cose che non sanno e pensano cosa che non hanno viste!», dico il vero.


La piena forma d’atto dell'intelligere è astenersi dal giudizio positivo, quando interpretando si assume opinione e non krisis, ovvero quando non si è lottato e distinto per natural discernimento, che si può praticare se si sa. L’epochè equivale al silenzio. Il silenzio equivale all’oro.


Gli occhi scintillanti che non brillano al sole.


Il narciso imbellettato è inanimato, animato da un respiro che nelle narici di color che vedono entra come cenere intossicante di un bordello a cielo aperto. Muove sull’ultimo piolo della scala di un abisso mai esistito che tracotante produce ansia di contagio.


Schiavo manipolatore che costituendo il limite minimo della catena trofica è il personaggio più ingannato e influenzabile. Nessun agito del perverso muove al generar vita, quanto ogni azione è insanguinata dall'errore e dalla sicurezza di fare male.


Che cosa è bene e che cosa è male? Quale è il riscatto per la vittima di ogni bruna interpretazione di giustizia? Mai otterremo risposta dall’essere cosiddetto umano. Eppure non è paradossale si possa esperire azione, partecipazione, percezione, attraverso lo stesso mortale essente mal rispondente?


Il narcisista è spinto dalla sola pulsione sessuale. Esperisce sola pulsione di morte. Sopravvive di rigurgiti genitali. Ma perché è manchevole di vista? La risposta è il sangue, le cellule formanti forma. I processi di facoltà sono assenti. Dal mancato buon concepimento e successivo assente sviluppo ben formante, Il narcisista non vede la realtà naturale e distorce l'artatamente creata a utilitaria immagine, causa inappetenza intellettiva, vuoto d’intuito e miseria prima; per questo si costringe fuori dal tempo, all’interno dello spazio di ogni tempo. La penuria si traduce inevitabilmente in motivo di disagio per l’intera collettività civile e la specie homo. Sugli impulsi, causa stortura mentale, l’aggressività è insano agito tossico, ma unica espressione del ricettacolo vuoto forma per innesco di morte. Quindi comprendiamo il non essere.


Per vedere un mostro è necessario abitare queste molte profondità dello psichico. Siam discesi per vedere bene i nomi, i fatti, le notti, il sudiciume, il massacro. Questo vertiginoso calarsi nella nebbia, ove si susseguono istanti. Ora siam ritti a fissare.


Ecco la partecipazione del non adatto.


Una porta che si apre e si richiude. Si direbbe l'esistenza umana. Ma che cosa è dunque? Non è forse il galleggiare di un respiro su un tumulo di scorpioni? Il reietto non può entrare a far parte della luce oltre soglia. Rimane nullità, mentre si richiudono forza e possibilità. Solo una sorsata. Un'altra ancora. Dolce l'abbeverarsi alla velenosa fonte. Disgustoso il sanguinamento del temibile predatore.


Adesso ci rendiam perfettamente conto. La verità è stabile e ferma. Le illusioni sono straordinarie forze nervose che sottraggono alla riflessione, all'essere, al sogno, alla meditazione, ai pensieri, Le minacce all'uomo si mostrano necessarie alla falsa dimora sicura che protegge da ciò che si è. L'isterilire con liquidità non è forse miseria? Il veleno è il miglior piacerucolo per il nostro parassita che indossa l'uniforme della speranza per il proprio inservibile divenire. E guai se altri insetti si muovon per vista, visto, e veduto.


Il narcisista è il partoriente menzogna, il legato, il religioso, il fedele, il politico, il leader, il sostenitore, l'insegnante, il pubblicitario, l'infantile, il mancato, l'homo oeconomicus, l'acerbo penoso frutto di una nuova malsana generazione, l'affabulatore, il debosciato, il mistico, il dominatore, l'ignorante cieco, lo stupido, il motivatore, il discepolo, il falso, il cristianesimo sorto su ceneri giudaiche non ancora ben spente, l'archetipo del Cristo, è colui che della bugia fa folle e masse, è il trascinatore, lo scarsamente dotato, il privo di forza, il privato di libertà, l'inautentico, l'imbroglione, l'inaffidabile, il miserabile insetto tra i parassiti, l'ingannatore ingannato, l'ignaro psicopatico, l'involuto disevoluto zuppo di liquidità che soffre affezione mentale.


La compagnia del perverso narcisista è il viver l'intimità che non sa di niente. È come mangiare alluminio. È come vedere il pensiero di un film brutto. È come sapere che devi soffrire tutto il male del mondo e destinarti al buio delle notti ricordando lumi lontani. È come osservare il cielo che crolla fermo sul tuo capo e sentire che le stelle... non ci sono più.


Ecce homo. Tu, che sei morto sulle illusioni che han catturato il catturabile. Il tuo respiro, la tua forza, il tuo vivere. Ma pensi ancora che la famiglia non sia rigida, tra le indagate sullo stesso piano rigido.


Sei una bolla non leggera, ma nera e molto pesante che è implosa su se stessa.


Uomo liquido, sei vinto. Come vinto è il frutto di ogni più grande massima delusione. Hai desiderato calcolare il tuo suicidio. Questo sei! Hai lasciato la vita. Hai scelto di non celebrare l'esistente. Hai minato il cammino della bellezza. E nulla salverà il mondo, giacché non ti pregi della felicità. Sei zoppo! Ripulsivo alla verità. Che cosa vuoi? Non puoi più detestare il volere per poter vivere veramente. Non sei più abituato a stare in piedi sul mondo.


«Ah, poter tutto dimenticare, superarsi e superare, allontanarsi il più possibile da quel che il mortale deriva! Ah, poter superare la morte dell'uomo! Ah, poter rinascere forza e svegliarsi catapulta inversa, la più grande mai costruita, mossa dalla spinta monolitica più pesante mai pensata, posizionata nel punto preciso del crollo del mondo e azionata dal tempo, manovratore della vita e primo boia conosciuto, che dal viso scoperto riveli una netta morte dell'ora e recida la fune nell'ultimo respiro dell'adesso, per farti superare tutti i mondi, mirando all'uomo, gridando: finalmente sono! Questo è l'essermi carne e l'essermi sangue!».


Questo è davvero reale? Quel che osserviamo? Cosa gustiamo? Come gustiamo? Questo è il mondo? Da qui non possiamo cadere. Non si scende. Avanziamo. Solo avanti.


Riflessioni spingono a nuova domanda...


Abbiamo ben visto la cosiddetta malvagità. L'assenza di tempo e sangue è il mondo morto. Quel ghigno, una dolorosa vergogna senza corpo, forza, potenza. Se il narcisista è il non essere, quale necessità conserva la vita? Il nulla pare sia tutto ciò che attende quel che siamo, sul ritorno di un ciclo frammentato.


Quel che per un credente dovrebbe essere l’immagine di un sottosuolo, di un ultraterreno, dell'aldilà, dell’Inferno, può esser colto ogni qualvolta le palpebre si dischiudono e si osserva, giorno dopo giorno, in un istante eterno e infinito, l'ora. È proprio qui, adesso.


Il terrore è l'angoscia dell'instante nel quale tutto è il volto della quintessenza del male, nella vittima che sa di avere amato un mostro. Le immagini dei ricordi non si dissolvono nel tentativo di cancellare anni, tra lenti battiti di ciglia che ricordano che quell'attimo e il successivo riportano lo stesso infero.


. . .


Ah, come sarebbe stato bello, godere di quell'ultimo tramonto, sul declino dell'ultimo giorno, della bufera dell'ultima vera guerra, dell'ultimo giorno e dell'ultimo sole dell'uomo. Ah, come sarebbe stato l'ultimo sapore dell'amore, quella forza. Quell'assenza piena di ogni cosa, senza alcun bisogno di descrivere l'attimo, vedendo l'ultimo sospiro di vita vissuta, la verità dell'essere, la verità dell'esserci.


Il corpo della verità del mondo, sull'opaco orrore, vive il giardino dell'ingiustizia che grida vendetta al cielo.


La vita vivente è per pochissimi vedenti, mentre il gregge si bea d'infingimento e gode alla vista di panem et circenses che desidera a tutti i costi con la pala in mano, nell'attesa inconsapevole di migliaia di vite che sopravvivranno a nuovi sermo generalis.


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