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FLECTERE SI NEQUEO SUPEROS, ACHERONTA MOVEBO PODCAST

TACCUINO #17


La nebbia invita a fermarsi. L'attesa si fa obbligo per poter procedere, avanzando per ora solo sulla congettura. Siamo giunti a quel che ci attendeva. Un parallelo ci potrà aiutare ancor più. Troviamo similitudini e differenze se correliamo il narcisista a un'amoeba. Il Volvox Chaos o chaos chaos può essere pensato come struttura cellulare cambiaforma, parassitario. A tutta prima il paragone reggerebbe assumendo la possibile esistenza diretta ad automatismi, processi robotici, si direbbe. Sulla considerazione della mente quale cuore centro di informazioni autoprodotte dai neuroni cardiaci, origine del pensiero che veicola tali informazioni al filtro deputato alle elaborazioni (il cervello), sulla spinta del thumos (impatto aria sangue), sosteniamo la differenza in cellule ben formate tra (nell'esempio) il biologico parassita unicellulare e il perverso narciso. Mentre il primo sembra denoti un equilibrio, il secondo organismo è formante formata forma mancante. L'amoeba vive una direzione certa in sopravvivenza tramite assorbimento di sostanze nutritive utili, parrebbe in mancanza di consapevolezza, ovviamente così umanamente intesa. Anche qui è possibile un esame utile all'indagine. Il perverso risulterebbe manchevole della cosiddetta consapevolezza e manchevole di carattere, che sosteniamo sia il determinativo di trasporto del significato pregno di individualità e identità, e ciò che può e viene modificato giacché modificabile. Il cosiddetto tipo è cosa lontana dalla personalità, che partecipa della materia, della sostanza; a motivo del sociale indotto attraverso la società possiamo spiegare il tal formarsi. Tra i parassiti della società umana, il grave rischio della caduta nel mondo del cosiddetto narcisista maligno è, drammaticamente sfortunatamente, di forte interesse nel panorama di declino e pericolosità massima.


Or bene, noi conosciamo perfettamente il volto, il nome, il mostro senza sangue, la virulenza, il corpo senza mondo, il buio senza stelle.


Ogni mostro è, dopotutto, debole e molle alla vita, tant'è che il sordido lubrico non manca rimarchevoli dimostrazioni a ogni nauseante respiro. Non ci si aspetti confessione dai raccapriccianti non ben formati. Non ci si aspetti forza vitale dall'ultimo carnefice.


Vi è inadeguatezza ancora. Possiamo stupirci?


In un mondo ove un certo Saulo, o complici, devono aver calpestato il corpo del defunto uomo, fornendo sempre più materiale per una visione metafisica sconcertante che daccapo ha dato forza e vigore a illusioni che perdurano, abbeverando greggi con la parola religiosa, di che cosa ancora ci si lamenta? Un massacro compiuto sui più, superstiti al più lontano diritto naturale che non hanno dimostrato di non voler sentir parlare quel di Tarso un'altra volta. Ma un giorno ci si potrà sempre difendere asserendo che nella ad arte finzione è tutto palesato. Gli stolti credono. Gli stolti negano. Soltanto chi vede, sa.


Possiamo oggi confermare che stiamo vivendo lontani dal nulla, liberi dalla condanna, formati uomo nuovo, rinati sangue vero vivente? Possiamo noi, che incarniamo abominio quando diciamo amo i miei figli, amo i miei genitori, amo i miei fratelli, inconsapevoli di kama, poichè così istruiti e non educati, poichè voluti poveri, deboli, sordi, ciechi, disgregati da verbo e azione e da azione e verbo, inutilizzati dal proprio essere per servizio positivo? «Si condanni l'utilitarismo costruito sulle illusioni! Si ponga al vaglio l'uomo liquido che vive un nulla più grande del nulla di sé!»


L'ultimo corpo ha sepolto la potenza di una rappresentazione viva in tʂʼanə wəzbjan, il ti vedo bene dell'ergativa ubykh, in luogo di "ti amo". Quanto più del fenomeno di sana concretezza cade su tutti i livelli empatici nell'espressione sonora di prossimità, che legge il mondo per vicinanza e non include l'io? Alcune lingue sembrano ben spiegare che io non esisto, e io non esiste. Solo colui che guarda oggetti ed è il ladro di vite, l'amoeba senza sangue, incarna l'io nel mondo privo di bios.


Nota. Dimenticare il costruito io per ridiventare se stessi e scoprirsi essere. Distruggere l’io, esempio delle fallaci illusioni.


L'occhio guarda il fenomeno, ma lo vede? Non è forse il latino che ha cullato indegnamente plasmando l'a - mors? Questo vien tramandato. Questo il possibile piano tarsino. Quindi il viscerale sanscrito ka, radice di concreta materia, cadrebbe inevitabilmente in un pericolo sotteso, spingendo per pulsione l'uomo al desiderare la non morte, e credendo che l'illusione sia salvezza.


«Ma siamo morti! Percorriamo un cammino di morte! Che cosa è vita senza uomo? Quando si vive? Quando si è vissuto? Cosa vivrà?»


L'uomo si è disgiunto ed è diventato il pane caro a molti che in un dato ambiente viene cotto nel determinativo dissociazione. Uccidendo l'uomo, l'essere che oggi riveste ruolo di mortale su suolo antico si è separato dal ruolo naturale. Il giapponese kama è uno strumento da taglio, separa, divide: è un'arma ancidiale. Ma non è il Dibbuk ebraico a dividere?


Non stiamo indicando sempre qualcosa che, attraverso riti, metafore, illusioni, dicerie, credenze, lingue, storie, mondi, determinativi, appositivi, ha ragion d'esser incancellabile, giacché è il nuovo essere liquido che non ha memoria e non impara da alcuna dimostrazione? Se l'uomo un tempo fu libero da illusioni, è il liquido l'invaso che non può ritornare a essere.


La chimica sembrerebbe indicare la costante di dissociazione acida nel simbolo Ka. Se la dissociazione fosse il percorso per giungere all'equilibrio?


Sul ritorno al sanscrito è più spaventoso scivolare sulla traduzione tuonare. Non può non portarci a pensieri di roboanti frastuoni che par separino i cieli. Tuonare, amare, è il limite, oltre il quale è svelato ciò che siamo. È noto, sempre sia così, che i latini discussero di sentimento animalesco osservando brama e desiderio sessuale. L'amore quale malattia riduce la forza del mortale che incarna violenza, patimento, male. Mātr indica il sacrificio, il rendere sacro, separato, má-H₂ter-. «Non è evidente?».


In un panorama ove è ben intender sicura la certezza del dubbio, la personalità perversa, il narciso, è il fondo informe che assume forma inadatta del non essere, il separato, che incarna hummus, da humare, seppellire. Si trae il nome noto: hominem appellari quia sit humo natus. Ciò spiega perché sia più chiaro il partoriente morte che andiamo sempre più vedendo chiaramente, l'incontro che nessuno deve mai fare, il caduto nel mondo che non sarebbe mai dovuto nascere. Chi l'hummus doveva, dovrebbe e dovrà abitare, ma fa abitare.


Ma che cosa può fare una sola vox clamantis in deserto?




Kāmas tad agre sam avartatādhi manaso retaḥ prathamaṃ yad āsīt / sato bandhum asati nir avindan hṛdi pratīṣyā kavayo manīṣā.

All’inizio sorse poi l’Amore, che era il primo seme della mente. Scrutando nei loro cuori i sapienti scoprirono, con la loro saggezza, il legame tra l’essere e il non essere.


Ecco il germe che sviluppa una lenta inesorabile corsa nei pressi di una compagna che ti dorme sempre accanto. Dotata di scure, facendosi strada per facilitarti l'eliminazione del superfluo, in un giorno, un tempo, un momento, quando tutti sono stati e tutti arderanno del bramoso desiderio di saper morto il mostro, come lo studente che uccide la vecchia usuraia e il fratello che termina il padre, ti raggiungerà per svelare il saputo consegnandoti il messaggio che conservava, che non vedevi.


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TACCUINO #16


Le illusioni sono quindi pale. Ecco le fosse. Ora son più chiare in questa nebbia.

Si lasci che tutto si compia a servizio. Più pale servono, più ne vengon servite, più ne serviranno, più ne verranno servite, più ve ne servite, più ve ne servirete.


Seppellitevi da voi soli.


Par di essere spettatore nel luogo del senno del poi.


«Ah! Ora sì! Che goduria». Pensa l'uomo liquido.

Par sentire urlare tutti gli atomi pulsanti del fiero egolatra.


Ego novi. Io conobbi, io ho conosciuto. Io feci esperienza del conoscere tramite (e dalla) esperienza. Si ricava, io so, sapere? Ma solo per diretto esperire.

Se, quindi, dico: « ... loro parlano di cose che non sanno e pensano cosa che non hanno viste!», dico il vero.


La piena forma d’atto dell'intelligere è astenersi dal giudizio positivo, quando interpretando si assume opinione e non krisis, ovvero quando non si è lottato e distinto per natural discernimento, che si può praticare se si sa. L’epochè equivale al silenzio. Il silenzio equivale all’oro.


Gli occhi scintillanti che non brillano al sole.


Il narciso imbellettato è inanimato, animato da un respiro che nelle narici di color che vedono entra come cenere intossicante di un bordello a cielo aperto. Muove sull’ultimo piolo della scala di un abisso mai esistito che tracotante produce ansia di contagio.


Schiavo manipolatore che costituendo il limite minimo della catena trofica è il personaggio più ingannato e influenzabile. Nessun agito del perverso muove al generar vita, quanto ogni azione è insanguinata dall'errore e dalla sicurezza di fare male.


Che cosa è bene e che cosa è male? Quale è il riscatto per la vittima di ogni bruna interpretazione di giustizia? Mai otterremo risposta dall’essere cosiddetto umano. Eppure non è paradossale si possa esperire azione, partecipazione, percezione, attraverso lo stesso mortale essente mal rispondente?


Il narcisista è spinto dalla sola pulsione sessuale. Esperisce sola pulsione di morte. Sopravvive di rigurgiti genitali. Ma perché è manchevole di vista? La risposta è il sangue, le cellule formanti forma. I processi di facoltà sono assenti. Dal mancato buon concepimento e successivo assente sviluppo ben formante, Il narcisista non vede la realtà naturale e distorce l'artatamente creata a utilitaria immagine, causa inappetenza intellettiva, vuoto d’intuito e miseria prima; per questo si costringe fuori dal tempo, all’interno dello spazio di ogni tempo. La penuria si traduce inevitabilmente in motivo di disagio per l’intera collettività civile e la specie homo. Sugli impulsi, causa stortura mentale, l’aggressività è insano agito tossico, ma unica espressione del ricettacolo vuoto forma per innesco di morte. Quindi comprendiamo il non essere.


Per vedere un mostro è necessario abitare queste molte profondità dello psichico. Siam discesi per vedere bene i nomi, i fatti, le notti, il sudiciume, il massacro. Questo vertiginoso calarsi nella nebbia, ove si susseguono istanti. Ora siam ritti a fissare.


Ecco la partecipazione del non adatto.


Una porta che si apre e si richiude. Si direbbe l'esistenza umana. Ma che cosa è dunque? Non è forse il galleggiare di un respiro su un tumulo di scorpioni? Il reietto non può entrare a far parte della luce oltre soglia. Rimane nullità, mentre si richiudono forza e possibilità. Solo una sorsata. Un'altra ancora. Dolce l'abbeverarsi alla velenosa fonte. Disgustoso il sanguinamento del temibile predatore.


Adesso ci rendiam perfettamente conto. La verità è stabile e ferma. Le illusioni sono straordinarie forze nervose che sottraggono alla riflessione, all'essere, al sogno, alla meditazione, ai pensieri, Le minacce all'uomo si mostrano necessarie alla falsa dimora sicura che protegge da ciò che si è. L'isterilire con liquidità non è forse miseria? Il veleno è il miglior piacerucolo per il nostro parassita che indossa l'uniforme della speranza per il proprio inservibile divenire. E guai se altri insetti si muovon per vista, visto, e veduto.


Il narcisista è il partoriente menzogna, il legato, il religioso, il fedele, il politico, il leader, il sostenitore, l'insegnante, il pubblicitario, l'infantile, il mancato, l'homo oeconomicus, l'acerbo penoso frutto di una nuova malsana generazione, l'affabulatore, il debosciato, il mistico, il dominatore, l'ignorante cieco, lo stupido, il motivatore, il discepolo, il falso, il cristianesimo sorto su ceneri giudaiche non ancora ben spente, l'archetipo del Cristo, è colui che della bugia fa folle e masse, è il trascinatore, lo scarsamente dotato, il privo di forza, il privato di libertà, l'inautentico, l'imbroglione, l'inaffidabile, il miserabile insetto tra i parassiti, l'ingannatore ingannato, l'ignaro psicopatico, l'involuto disevoluto zuppo di liquidità che soffre affezione mentale.


La compagnia del perverso narcisista è il viver l'intimità che non sa di niente. È come mangiare alluminio. È come vedere il pensiero di un film brutto. È come sapere che devi soffrire tutto il male del mondo e destinarti al buio delle notti ricordando lumi lontani. È come osservare il cielo che crolla fermo sul tuo capo e sentire che le stelle... non ci sono più.


Ecce homo. Tu, che sei morto sulle illusioni che han catturato il catturabile. Il tuo respiro, la tua forza, il tuo vivere. Ma pensi ancora che la famiglia non sia rigida, tra le indagate sullo stesso piano rigido.


Sei una bolla non leggera, ma nera e molto pesante che è implosa su se stessa.


Uomo liquido, sei vinto. Come vinto è il frutto di ogni più grande massima delusione. Hai desiderato calcolare il tuo suicidio. Questo sei! Hai lasciato la vita. Hai scelto di non celebrare l'esistente. Hai minato il cammino della bellezza. E nulla salverà il mondo, giacché non ti pregi della felicità. Sei zoppo! Ripulsivo alla verità. Che cosa vuoi? Non puoi più detestare il volere per poter vivere veramente. Non sei più abituato a stare in piedi sul mondo.


«Ah, poter tutto dimenticare, superarsi e superare, allontanarsi il più possibile da quel che il mortale deriva! Ah, poter superare la morte dell'uomo! Ah, poter rinascere forza e svegliarsi catapulta inversa, la più grande mai costruita, mossa dalla spinta monolitica più pesante mai pensata, posizionata nel punto preciso del crollo del mondo e azionata dal tempo, manovratore della vita e primo boia conosciuto, che dal viso scoperto riveli una netta morte dell'ora e recida la fune nell'ultimo respiro dell'adesso, per farti superare tutti i mondi, mirando all'uomo, gridando: finalmente sono! Questo è l'essermi carne e l'essermi sangue!».


Questo è davvero reale? Quel che osserviamo? Cosa gustiamo? Come gustiamo? Questo è il mondo? Da qui non possiamo cadere. Non si scende. Avanziamo. Solo avanti.


Riflessioni spingono a nuova domanda...


Abbiamo ben visto la cosiddetta malvagità. L'assenza di tempo e sangue è il mondo morto. Quel ghigno, una dolorosa vergogna senza corpo, forza, potenza. Se il narcisista è il non essere, quale necessità conserva la vita? Il nulla pare sia tutto ciò che attende quel che siamo, sul ritorno di un ciclo frammentato.


Quel che per un credente dovrebbe essere l’immagine di un sottosuolo, di un ultraterreno, dell'aldilà, dell’Inferno, può esser colto ogni qualvolta le palpebre si dischiudono e si osserva, giorno dopo giorno, in un istante eterno e infinito, l'ora. È proprio qui, adesso.


Il terrore è l'angoscia dell'instante nel quale tutto è il volto della quintessenza del male, nella vittima che sa di avere amato un mostro. Le immagini dei ricordi non si dissolvono nel tentativo di cancellare anni, tra lenti battiti di ciglia che ricordano che quell'attimo e il successivo riportano lo stesso infero.


. . .


Ah, come sarebbe stato bello, godere di quell'ultimo tramonto, sul declino dell'ultimo giorno, della bufera dell'ultima vera guerra, dell'ultimo giorno e dell'ultimo sole dell'uomo. Ah, come sarebbe stato l'ultimo sapore dell'amore, quella forza. Quell'assenza piena di ogni cosa, senza alcun bisogno di descrivere l'attimo, vedendo l'ultimo sospiro di vita vissuta, la verità dell'essere, la verità dell'esserci.


Il corpo della verità del mondo, sull'opaco orrore, vive il giardino dell'ingiustizia che grida vendetta al cielo.


La vita vivente è per pochissimi vedenti, mentre il gregge si bea d'infingimento e gode alla vista di panem et circenses che desidera a tutti i costi con la pala in mano, nell'attesa inconsapevole di migliaia di vite che sopravvivranno a nuovi sermo generalis.


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TACCUINO #15


La filosofia è un farmaco?


D'accordo. Indi dovrebbe svolgere cura, sollievo, modificazione di uno stato (si direbbe) non dignitoso, a favore di beneficio e benessere.


La filosofia è copia sbiadita delle religioni?


Benissimo.


Spingiamoci sempre più oltre, abbandonando quel che sulle prime si pensava fosse la discesa all'ǎḇaddōn, ma un sentiero pare inviti a discendere ancora. Qui non possiamo esitar, non ci è consentito. E sia.


Filosofiamo con durezza. Siam consci di non posseder antidoto. I pochi strumenti nella nostra cassetta degli attrezzi sono le umili utilità che cellule formate mostrano quali risorse disponibili per facoltà.


Se la filosofia è fastidio, filosofare è grattarsi.




Rieccoci nell'osservar la stortura da privilegiata posizione, mai accettata.


Il concetto di libertà si pone in problema poiché il parlante può ritenersi libero solo sognando di esserlo. Non considerare le cause definisce l’assurdità del condizionamento d’esser causa di sé.


La volontà di vivere schopenhaueriana troverebbe risposta nell’illusione di credere alla vita, come se l’esistenza fosse il partecipar di questa. Se osserviamo tessuto cellulare al microscopio non vediamo vita: stiamo osservando il decadimento cellulare. Così interveniamo sul progresso degenerativo, Degressione, in realtà. Si direbbe che viviamo compiutamente morte. Eccola lì. Ora qui. Dimmi pure che quando non c'è lei ci siamo noi, e quando c'è lei noi non ci siamo. Se siamo stati nulla, il male è stato lo spostamento nel cammin di finitudine, all'interno di un nucleo circolare. Nel breve passaggio che un essere sopravvive alla frattura temporale, il dramma di ispirazione lineare cristiana consente l’esperimento di un modello che par solvere il problema essere. Nel dettaglio, il peso vissuto da coloro che farebbero il cosiddetto male, il peso delle ingiustizie, il dolore, la sofferenza, troveranno pace e giustizia nel luogo oltre, per i giusti credenti, a motivo di onniscienza e onnipotenza divina. Vedremo come volere, desiderio, convenienza, speranza, pulsione genitale, siano carnefici del fenomeno uomo. La storia non porta ad alcun progresso. Tutta la storia, tutte le storie. Vi è una sola unica differenza dalla morte dell’uomo: ad ora si vivon drammi, prima d'ora furon tragedie.


Piedi ben piantati su questo fosco, freddo terreno.


Bene, favoriamo falcata, oggi pesante. Dirigiamo operosi ma non lesti, facendo arte senza metodo, sull'architettura delle facoltà.


Abbiamo asserito che l’uomo è cosa che razionalizza. Abbiamo aggiunto che l’uomo è cosa che socializza. Se fosse razionale e sociale (alla guisa più comunemente intesa), vedremmo cader nel mondo gruppali enti di pensiero. Ma questo non può. L’egolatra è pensante. Possiamo spingerci un poco, scrivendo pensante pensiero parlato parlante. Sugli appositivi è ben ricordare che non sembrano catturare l'essere, e più ne abbiamo, più ci allontaniamo. Ma se ne aggiungessimo troppi? Se provassimo a limitare all'interno di un recinto il perverso che andiamo indagando sul piano autoptico? Utili definizioni nel tentativo di correre tra la nebbia per impattare contro il narcisista? Dobbiamo intessere una fitta rete che abbia maglia senza respiro. Proverò dunque.


Assumiamo forza e mostriamo l'indicibile psichico che muove nell'ombra. Più tardi arriveremo a difendere la realtà prima criticando sempre più aspramente l'illusione, costruzione derivante condizionante contagio, e così facendo dovremo sostenere il vedente sulle ceneri dell'ultimo, non ultimo esemplare di paradosso.


Descriviamo il ladro di vite. La forza tellurica nata da stortura che polverizza all'istante in lento stillicidio i cuori che battono e pulsano armonia vitale. Il danno al tempio sacralizzato che sempre più sopravvalutato chiamiamo corpo e, non foss'altro che tutto ciò che abbiamo, nel tempo che è unica cosa che possediamo, senza cura maltrattiamo, e un giorno sarà stato solo un altro. E sarà altra vittima del destino marcescente.


Pare vi sia sempre buona compagnia tra ladri. Il più infimo è quello di vite che si nutre di sangue. Il più corrotto è il vertice piramidale che si nutre di anime. Il più tecnico è il computer che si nutre di tempo.


Spietato. Il dispietato. Assente di pietà. Fiero, crudele, barbaro, empio. V'è differenza con inesorabile, chi non si arrende alle preghiere in favore altrui causa rigor di giustizia o gelosia di potere. E v'è differenza con implacabile, attributo di chi non piega dal proposito a favore di alcuno, a motivo di ruvidezza d'animo e rigidezza di principi.


Su barbaro e barbarie ricorriamo a Antifonte:


«Noi rispettiamo e veneriamo chi è di nobile origine, ma chi è di natali oscuri, né lo rispettiamo, né l'onoriamo. In questo, ci comportiamo gli uni verso gli altri da barbari, poiché di natura tutti siamo assolutamente uguali. Basta osservare le necessità naturali proprie di tutti gli uomini. Tutti infatti respiriamo l'aria con la bocca e con le narici».

Ciò solleva imponenti quesiti che muovono il pensar sull'interpolazione cristiana, che assumiamo come traccia possibile di inquinamento storico. Tutti fratelli, tutti psicopatici, ogni uno tutto. La follia che ci abita, dunque, ha una sola madre. Tenersi alla larga. Sosterremo che ben formati si potrà valutare il fenomeno umano come un temporale nella notte, effimera questione passeggera. E coglieremo l'intento del non ben formato che, mancando il tentativo attuato su invito pulsivo ad appagamento per desiderio (mai risolto), riempie solinga noia di atteggiamenti e comportamenti cuciti al piccolo uomo che si pensa eterno e infinito, e - a parer suo - vive ogni giorno come se non fosse l'ultimo.


Ci sentiamo sul limite del dover trattare considerazioni che come dardi verso noi dirigono impeto, ma nella nebbia si dissolvono a mezz'altezza, rovinando solamente sul timore suscitato a protettiva arma.


Risolleviamo il tal Antifonte, che prendiamo come solo tra Ramnunte e Atene. Scadenti di fiducia, trattiamo il pensiero e non altro.


«Le leggi umane sono tutte convenzionali. L'uomo dovrebbe seguire le leggi di natura, posto lo stabilire quali siano».

Concluderemmo che la morte dell'uomo ha seppellito risposte, e che le illusioni han ben compiuto opera prodigiosa cospargendo caustica su terreni che dissimulano il silenzio. Incediamo. L'indicibile intimo essere segue propria natura. Piuttosto semplice evincere che le leggi sono fatte per l'uomo, non l'uomo per le leggi. Quest'essenza comune a ogni uomo, ma sosteniamo non collettiva e non condivisibile, si contrappone alla legge normativa normata, la quale è inefficace e limita l'uomo. Siamo propensi nello spingerci oltre: è inefficace perché limita l'uomo. L'inefficienza si palesa nell'impossibilità di prevenire violazione.


La frase chi ti dorme accanto e non fa il tuo bene era nemico prima di sdraiarsi al tuo fianco ci condurrà ancor tastoni sul nuovo abisso testé apertosi.


Il danno a ciò che è naturale permane a tutti gli effetti.


La vagolante esperienza richiama.


Sadismo. Parafilia che trae il suo nome dal Marchese de Sade, aristocratico francese che nei suoi libri tratteggiò il personaggio di chi prova godimento dall’altrui dolore. Infliggendo crudeltà, sofferenze e umiliazioni all'altro da sé, il parafilico prova piacere sessuale. In senso lato il sadismo determina comportamenti umilianti mossi da tristizia, ferocia e brutalità, che evidenziano lo psichico naturale della personalità causa stortura mentale. Può spesso assumere caratteri di particolare gravità portando al compimento di atti estremi e di comportamenti efferati (torture, abusi, serialità) che danneggiano individui, rapporti familiari, e tutti gli attinenti il sociale.


La cessione di vendita e svendita del corpo del senza sangue al migliore e al peggiore offerente, fa del narcisista perverso il massimo danno a singoli, legnaggi, sangue, eredità, vita. Il calcolo e la predeterminazione di inaudita, sottile, gratuita e deliberata violenza turbano armonia, il sogno, la circolar pienezza, la felicità, la speranza (per chi la vive), l'energia, il respiro, la bellezza, il confortevole, il familiare, il porto sicuro.


Trattiamo gli incalcolabili danni all'uomo delineando il profilo dell'indicibile vuoto psichico:


malvagio, crudele, sadico, ancidiale, spietato, ottuso, debole, insicuro, catatonico al fenomeno vita, megalomane, perverso, sordo, incapace, inadatto, inadeguato, omicidiale, spregiudicato, parafilico, limitato, schiavo, falso, maldicente, piccolo, violento, brutale, malevolo, insensibile, abbacinato, grave, virulento, aspro, non funzionante, inetto, afasico, asfittico, non essente, sterile, truce, cattivo, grandioso, superbo, inutile, pusillanime, bugiardo, turlupinatore, sottosviluppato, sradicato, confuso, sleale, distruttivo, malizioso, ipocrita, indegno, spregevole, seriale, prostituto, inautentico, degenerato, deludente, perdita, perduto, imperfetto, solo, torbido, freddo, tossico, baro, vile, superfluo, lordura, morto, disgrazia, errore.


Si argomenta qui dell'essere cosiddetto umano, cosiddetto uomo. Di genere sia maschile, sia femminile.


Si badi il voluto offuscamento di classici borderline, istrionico, antisociale. Tali terminologie utilizzate dalla scienza vuota sono altri tentativi che tentano di reggere il passo sulla manovra politica di richiesta "cattura attraverso detti disturbo e / o malattia mentale". Come ho sostenuto, non intendo altro che difficoltà cromosomica e sangue. Un processo determinativo per alzata di mano utile a etichettare capi di bestiame temo non colga concretezza e prassi. In questa indagine promuovo lo sforzo. Tuttavia, questo conato potrebbe non produrre effetto, esser vano, e destinato a consegnar dimissioni, a motivo di fallace disposizione. Se la congetturale produzione di note sul sospetto vuoto chimico in vivo sullo scambio informativo cellule cardiache - cervello risultasse nullaggine, rimarrà nel campo ove il nulla è compreso nel e del fenomeno uomo, che è a sua volta è compreso nel e del nulla.


Il calzante impulso attivo sull'espressione d'uso terminologico, che non vuole contrastare il personale dubbio sulla validità di determinativi in luogo di perfetta coppia dell'indicibile intimo essere, risulta d'interesse sulla pericolosità dimostrata, per osservazione esperita, a beneficio di scienza, ricerca e studio. Il particolareggiare vive di impegno maturato e sopravvive al (parrebbe) disgustoso (ad alcuni) debole intento di traduzione dello stizzimento che potrebbe essere forma espressiva d'agito pulsivo naturale a sfavore di convincimento e piacere per rabbiosa violenta soverchieria. Per evitar fallimento, non si intendan strali.


Leggiamo la negatività e ritorniamo alla domanda sul perché sia venuto al mondo. Il successivo passo muove a chiedersi se le angherie perpetrate ove non vi è alcuna giustificazione e son mosse da scellerata azione, consentano interpretazione di pensiero sul diritto all'esistenza per forme non formate. Facile intendere che in ambito diritti non risulta sufficiente discutere di uguaglianze, amore universale, fratellanza, egualità, equità. Come in passato, ritorniamo al limitarci al: ad altri sentenze. Non foss'altro giacché non ci occupiamo di politica e leggi, ma bensì di indagine e giustizia, nel tentativo di allontanarci dall'inefficacia, di superare forme organizzate costituenti illusorie etica e morale e leggere il fenomeno uomo per sua natura, producendo riflessioni e non scorie burocratiche.


Questo livello ci ha portati a quel che appare il kur del non ritorno, l'erṣetu.


«Quivi eravam voluti?».


Osserviamo il thaumante ctonito. L'iris. Il terribile. La perturbante ostilità schizofrenica. Del liquido, criminale dell'uomo, osserviamo l'annientamento della vita, l'intensa definitività dell'originario nulla, la supponenza, la tracotanza, la tensione asimmetrica esasperata al punto da non arrendersi di fronte all’evidenza e alla stessa imminenza di morte.


Così perspicuo: questo falso volto di sabbia non starebbe in forma nemmeno con tutta la colla del mondo.


Degenere. Dal latino degenerem, lemma composto dalla particella de (da) che vale distacco, allontanamento, e genus (generis), legnaggio. Che traligna dal genere, dalla linea di sangue; che perde la qualità e i caratteri del tipo primitivo. Indegno della sua origine, corrotto. Tuttavia degenerare differisce da tralignare e da imbastardire. Tralignare è l'andar fuori linea, declinare dalla propria natura quando la deviazione riferisce alle qualità caratteristiche. Imbastardire esprime cangiamento nelle proprietà essenziali. Bastardo: tale che non conserva l'analogia con quei da cui deriva.


Conosciamo il territorio e sentiamo il natural costretto radicarsi, al fine d'evitar l'abbandono all'astrazione metafisica influenzante. Tuteliamo il nostro esser creatura in questa terra e portiamo il consueto prestigio che si sazia di aria e sangue per quel che siamo, mai dimenticandoci che oggi osserviamo quelli che sembrano scolarette pruriginose che sui cosiddetti social media attraggono (e così dimostrano mancanza di autenticità) sul finire di commenti che si commentano da soli. La forma cosiddetta mentecatta pare abbia sostituito il fare intelligente, sulla scia di qualcosa che sembra mai abbia revocato l'ordine di non fare immagine, e sull'iconodulia che permea la psiche. L'aniconismo e l'iconoclastia provocherebbero movimenti di pensiero che spingerebbero l'individuo a inorridire, quando l'orrore del temibile aspetto di una realtà sepolta dall'inganno è dolce, e nessuno attende per fissare con acribia.


Non vi è nulla di serio quando si ride su tutto ciò che lo è.


La stortura mentale, erroneamente intesa malattia, è il disgusto e il disprezzo per la vita, in un sordo panorama ove l'uomo è perituro e perito. Esso muore nel desiderio e nell'idea, prima che lo stesso cada nel mondo.


Ricordiamoci che deve essere intesa certezza solo il dubitare. Se questi brogliacci riservano d'obbligo l'esperienza del conoscere sul conosciuto e sul saputo, mi chiedo allora se sia il profilo qui eviscerato l'uomo liquido in pienezza. Ovvero, se questo è un uomo, l'evidenza svolge un piumone di spine. La dimensione umana è il disastroso danno dell'universale particolare stesso. Così il narcisista è l'ultimo non primitivo, il militare che sullo sterminio non deve provare nulla e può solo rispondere di non sapere perché sia venuto al mondo e perché meriti d'esistere, ma sempre risponderà che deve solo eseguire un compito, sia il proprio ego, la propria insufficienza, la propria inettitudine, un comando altro a dirigere. È la prova del fallimento e della minoranza. È il buio, quel buio dove tutto muore la vita già mai nata. È quel che non diventa altro perché non gli è concesso, sul solitario blocco di partenza che non esiste.


Meditate che questo è stato: vi comando queste parole.

Superarsi su bene e male, osservando da nuova posizione le ceneri di morale e etica.


Il valore degli uomini si dimostra dal sentimento, per ragion di sangue. Se non vien data importanza a verità, e non si cerca, e non si fa, si spreca tempo, l’azione più ignobile e disprezzata. È così che si esperisce l’invano vissuto.


Sottovalutare il valutabile, questo è vera deriva intraspecie. 

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